+ Oscar Cantoni

Vescovo di Como

 

 

 

 

Sulla soglia di un nuovo anno pastorale:

 

 

 

linee comuni per un cammino secondo lo

Spirito

 

 

 

 

Como, 31 agosto 2019

Festività di sant’Abbondio,
patrono della nostra Chiesa 

 

 

 

Sulla soglia di un nuovo anno pastorale:

linee comuni per un cammino secondo lo Spirito

 

 

 

31 agosto 2019

Festività di sant’Abbondio, patrono della nostra Chiesa

                                                                            

 

Al popolo di Dio nella santa Chiesa che è in Como e ai suoi pastori

 

“La gloria di Dio risplende nei suoi Santi”. Con questa acclamazione,  lodiamo  e  benediciamo  il  Signore  che ci ha donato come padre  e pastore, come maestro e intercessore, la nobile  figura di sant’Abbondio, di cui oggi celebriamo la festa. Con san Felice, primo vescovo di  Como,   Sant’Abbondio  continua  a  illuminare  e  a proteggere il cammino della nostra Chiesa, nella quale il Signore non ha mancato di confermare lungo i secoli la suapresenzaattivaattraversoildonodiinnumerevolialtri santi e beati, perché essa possa svolgere adeguatamente la sua missione.

 

“La gloria di Dio risplende nei suoi Santi”. Anche oggi, infatti, la nostra Chiesa, guidata dallo Spirito, rende gloria a Dio prendendosi  cura dei suoi figli, coinvolgendosi con i drammi della  umanità sofferente e collaborando nella società mediante un servizio umile, ma qualificato, rispettoso,  anche critico. La testimonianza operosa di tanti uomini e donne della nostra Chiesa ci permette di rivelare la bellezza e la gioia del Vangelo, di annunciare al mondo il vero volto di Dio che è misericordia. Con questo intento missionario, vogliamo continuare ad essere presenti sul territorio, in aiuto ai tanti poveri, nostri fratelli ed amici, che hanno bisogno non solo di cure e di aiuto materiale, ma anche di una vicinanza amica, di un sostegno spirituale che li aiuti a dare un senso compiuto alla loro fragile esistenza.

 

In vista di un nuovo anno pastorale, prima ancora di presentare alcune linee comuni, senza la pretesa di essere esaustive, o di limitare la creatività delle singole comunità, vorrei richiamare innanzitutto ciò che san Giovanni Paolo II ha definito “la misura alta della vita cristiana ordinaria”. Tutta la vita della comunità ecclesiale deve portare in questa direzione. È una verità elementare, ma non banale, da  mettere ovunque a fondamento di ogni  programmazione  pastorale,  sia  parrocchiale  che vicariale o diocesana, essendo “tutti i fedeli, di qualsiasi stato e grado, chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità” (Lumen gentium 40). Sarebbe davvero un controsenso e del tutto vano, pensare a un nuovo anno pastorale (un anno veramente importante quello  che  inauguriamo!)  e  dare  per  scontata  questa verità,  scoprendosi privi di un rinnovato slancio, nella mediocrità di chi trova tutto imposto e non partecipa alla vita ecclesiale con gusto, passione, audacia e fervore. È questa una prima, decisiva disposizione interiore, indispensabile per tutti, come singoli: laici e laiche, membri della vita consacrata, diaconi, sacerdoti, e come comunità, nelle varie parrocchie e vicariati, come nei movimenti e nelle associazioni laicali, compresi anche i fratelli e le sorelle che partecipano in prima persona al Sinodo diocesano. Sulla stessa linea d’onda è pure l’affermazione di Papa Francesco, al n. 34 della sua esortazione “Gaudete et Exultate”, un piccolo gioiello che invito a conoscere e ad approfondire: “Non avere paura di puntare più in alto, di lasciarti amare e liberare da Dio. Non avere paura di lasciarti guidare dallo Spirito Santo. La santità non ti rende meno umano, perché è l’incontro della tua  debolezza con la  forza della grazia”.  Raccontiamoci allora la vita santa che scorre lungo i sentieri della nostra diocesi; rallegriamoci per quella realizzata dai “santi della porta accanto”, tanto numerosi,  seppur diversi tra loro, ricordàti con vivo affetto e gratitudine da tanti di noi, che li abbiamo conosciuti e amati.

 

Il cammino della comunità cristiana, soprattutto dentro le parrocchie, si snoda lungo i percorsi ordinari dell’anno liturgico, vissuto come attualizzazione della misericordia divina che fa esistere la Chiesa, con le caratteristiche per ogni singolo tempo, nelle modalità che ogni consiglio pastorale saprà elaborare, per poi condividere con tutti i fedeli. Proseguiranno gli incontri ordinari di catechesi secondo  la  nostra  tradizione  diocesana  per  le  diverse età della vita dei discepoli di Gesù. Le urgenze locali, soprattutto le situazioni dei più poveri e degli svantaggiati, possono essere interpretate come un ulteriore appello di Dio, che chiama all’esercizio concreto della misericordia. La testimonianza e l’amore per Cristo devono impegnarci a cercare anche qualche forma di evangelizzazione che passa attraverso vie nuove.

 

Le scelte diocesane, che realizzeremo nel corso di quest’anno pastorale, richiedono di essere condivise da tutti, in ogni realtà ecclesiale, se è vero che vogliamo percorrere un comune cammino di Chiesa, in piena e sincera unità di intenti. Eccole in successione. 

 

1. La celebrazione del Sinodo  diocesano:

“Testimoni e annunciatori della misericordia  di Dio”

 

Il Sinodo, che avrà inizio ufficiale nel corso di quest’anno   pastorale,   ci   vedrà   tutti rappresentati fin dalla celebrazione iniziale, nella nostra Basilica Cattedrale,  la  domenica pomeriggio  del  12  gennaio 2020, festa del Battesimo del Signore. La preghiera del Sinodo, costantemente ricordata nelle singole parrocchie, sarà espressione del desiderio di tutti di essere partecipi di un evento che è proprio di ciascun battezzato perché riguarda il futuro della nostra Chiesa, impegnata a rispondere alle sfide del nostro tempo mediante scelte di misericordia, così da annunciare il vero volto di Dio Padre.

Nei mesi scorsi, già si è fatto un sapiente e articolato cammino: dapprima, mediante la costituzione di un gruppo preparatorio; in secondo luogo, con una proposta di consultazione, estesa a tutte le realtà pastorali della diocesi (nei vicariati, nelle parrocchie, nelle associazioni laicali e anche singolarmente); quindi, con la costituzione di un nutrito gruppo di sinodali, in tutto 295, che ancora stanno preparando per i singoli ambiti un documento base comune, “istrumentum   laboris”, che   sarà   poi successivamente  discusso e vagliato nella fase effettiva vera e propria dell’undicesimo Sinodo diocesano.


Sono ammirato e commosso per l’interesse, la partecipazione, il contributo generoso e cordiale di molte persone, che fin dai mesi scorsi hanno permesso di vivere una esperienza sinodale già altamente significativa, mediante suggerimenti e proposte operative, al fine di rendere visibile la misericordia di Dio dentro le diverse realtà. Questi nostri fratelli e sorelle sinodali hanno saputo diffondere e trasmettere il loro entusiasmo là dove vivono la loro esperienza cristiana. Li ringrazio di vero cuore per la loro generosa dedizione, per il tempo che essi hanno dedicato e anche per i non pochi chilometri che hanno consumato, vista la configurazione della nostra diocesi! E dal momento che la misericordia non è un semplice parlare consolatorio, essendo direttamente collegata alle opere, non può essere ridotta a un’idea o a una dottrina, ma presentata come la categoria generatrice della esperienza cristiana. Esorto i sinodali a farla risuonare nei diversi ambiti dentro i quali il Sinodo si declina, ossia: la comunità cristiana, le famiglie, i giovani, i sacerdoti, i poveri.

La misericordia non può essere infatti circoscritta dentro una visione sentimentale e intimistica, ma, essendo “l’architrave  della  vita  della  Chiesa”,  deve  riguardare anche la dimensione visibile, storica e strutturale delle nostre comunità di credenti. La dimensione sociale è infatti intrinsecamente legata al Vangelo stesso. I sinodali offriranno contributi significativi nella misura in cui sapranno lasciarsi illuminare e confrontare, da una parte, dalla  Parola  di  Dio,  e  dall'altra,  si  lasceranno  guidare dalle urgenze e dagli appelli della storia di oggi, senza dimenticare che “misericordia” è innanzitutto il nome di Dio Trinità ed è la strada che Egli ha scelto per venirci incontro.

 

La cultura e la società di un tempo, tutta impregnata di cristianesimo, almeno in Europa, aiutava, mediante la  dottrina  insegnata  a  tutti,  alla  formazione  di  una mentalità cristiana. Oggi, dentro una cultura altamente secolarizzata e pluralista, occorre inventare nuove strade, nuovi linguaggi, percorsi, capaci di far dialogare il sapere e la vita, per restituire a Dio il suo ruolo centrale di protagonista, nella fiducia che il Vangelo possa continuare a toccare il cuore anche delle donne e degli uomini di oggi. Con scelte appropriate la nostra Chiesa potrà assumersi la responsabilità di essere il segno vivo dell’amore del Padre, manifestare il tratto di carità che la rende simile al suo capo, il Cristo, che ci raggiunge con la forza operosa dei suoi Sacramenti.

 

2. La nostra  nuova  presenza missionaria in Mozambico

 

Una urgenza molto viva nella nostra Chiesa è quella di non confinare ai soli addetti ai lavori, o affidare a una commissione o ad un semplice documento, la dimensione missionaria della vita cristiana. È urgente l’esigenza di educare tutti, sacerdoti e laici, fermentando processi di rinnovamento. La stessa diminuzione numerica del clero può essere interpretata come una opportunità perché tutto il popolo di Dio, come frutto del comune Battesimo, valorizzi il compito di annunciare il Vangelo. Tutti i battezzati, infatti, sono chiamati ad essere discepoli- missionari a nome della Chiesa, che è sempre e comunque in stato di missione.

Proprio  dalla  “missio ad  gentes” possiamo  imparare uno stile nuovo,  non ripetendo modelli validi in altre Chiese,  quanto  ricevendo da  esse un  forte  stimolo di generatività  per   una  nuova  presenza  missionaria  tra noi, nei nostri  ambienti di vita, dove spesso è facile il tentativo di  rinchiudersi con i soliti pochi, incapaci di dialogare  con quanti stanno ai margini delle comunità o la frequentano solo in occasione di speciali eventi. Ci ricorda Papa Francesco nella sua Evangelii Gaudium,  al n.  24:  “La  comunità  evangelizzatrice  sperimenta che il Signore ha preso  l’iniziativa, l’ha  preceduta nell'amore e per questo sa fare il primo passo, sa prendere l’iniziativa senza paura, andare incontro, cercare i lontani e arrivare agli  incroci delle strade  per invitare gli  esclusi. Vive un desiderio inesauribile di offrire misericordia, frutto dell’aver sperimentato l’infinita misericordia del Padre e la sua forza diffusiva”. 

La  “missio ad  gentes” può  diventare  veramente  un paradigma per l’ardua  impresa  di una nuova presenza missionaria nel nostro ambiente di vita. La pastorale può essere aiutata e stimolata a un modo nuovo di rapportarci tra  noi,  educandoci  ad  andare  incontro  anche  ai  non credenti, a quanti hanno abbandonato la fede per sfiducia nella Chiesa, a coloro che vogliono conoscere la vita della comunità cristiana, in cui è presente Cristo vivo, operante mediante il suo Spirito Santo. Siamo lontani da ogni desiderio di proselitismo e da una semplice filantropia, piuttosto siamo mossi dall'urgenza di promuovere e far fiorire l’umano, che ha intimamente a che fare con il Vangelo, il cui centro è il Dio di misericordia, che ha a cuore le miserie dell’umanità, peccato incluso.

 

Con tali intendimenti vogliamo quest’anno dar vita a una nuova cooperazione missionaria in Africa, precisamente in Mozambico, nella diocesi di Nacala. Invieremo “in avanscoperta”, nei prossimi mesi, don Filippo Macchi, (per questo primo periodo ospite della diocesi di Pordenone), in attesa di costituire un gruppo di volontari che vivano e operino insieme: una coppia di sposi, o singoli, ma anche persone consacrate, disposti a lavorare in équipe negli spazi parrocchiali che verranno loro assegnati. Sarà una presenza che si aggiunge a quella animata dai nostri tre missionari in Perù (don Savio Castelli, don Roberto Seregni, don Ivan Manzoni). Mi auguro che la nuova missione possa diventare nel tempo una nuova occasione rigeneratrice a vantaggio della nostra Chiesa, un luogo di confronto e di stimolo per smuovere le acque stagnanti del nostro ambiente, dove non si può più dare per scontato il cristianesimo e dove non ci si può più accontentare della facile espressione: “abbiamo sempre fatto così!”,  oppure: “per questi compiti ci sono i sacerdoti”!

 

È sotto gli occhi di tutti che il cristianesimo di massa è ormai scomparso. Il Vangelo, oggi, richiede di essere trasmesso da persona a persona, valorizzando, certo, l’apporto dei sacerdoti, ma anche quella immensa maggioranza del popolo di Dio che sono i laici, mediante i carismi loro propri. Essi possono annunciare il Vangelo attraverso il loro senso di responsabilità e attraverso le varie competenze, nei diversi contesti di vita, anche negli spazi pubblici, convinti della forza umanizzante dei valori evangelici.


3. Le “comunità  pastorali”

 

Vicina  alla  dimensione  missionaria  della  Chiesa,  di cui ho parlato nel paragrafo precedente, è la necessaria opera di ristrutturazione delle nostre parrocchie, molte delle quali sono (o saranno prossimamente) costituite nelle cosiddette “comunità pastorali”, un insieme di più parrocchie che non sono in concorrenza tra loro, ma che si aiutano vicendevolmente, in un dare e ricevere contemporaneamente, in un tessere una trama di legami tra le persone, le famiglie, le formazioni sociali presenti sul territorio. Oggi è indispensabile che le singole comunità rinuncino ad agire in proprio, senza alcuna collaborazione tra loro, presumendo di bastare a loro stesse. E nello stesso tempo è urgente che i diversi Vicariati diventino realmente un motore della pastorale integrata, che creino occasioni  qualificate di  incontro  e  di  formazione,  che facilitino un rapporto più intenso e pieno di fiducia tra sacerdoti e laici.

Circa l’utilità e la paziente, progressiva attuazione delle comunità pastorali molto verrà indicato nel “Vademecum”, che viene presentato proprio in questi giorni, preparato con rigorosa cura e dopo molto ascolto e confronto, dal nostro Ufficio Pastorale, che ringrazio vivamente.

Le  comunità  pastorali  sono  luoghi  in  cui  i  cristiani possono più facilmente confrontare la loro fede, visto il contesto in cui non è più dato per scontato l’essere cristiani. Nelle comunità pastorali, inoltre, si possono favorire momenti per instaurare nuove esperienze di autentica fraternità tra cristiani, come pure con i non credenti o i non praticanti o con quanti intendono (ri)cominciare a credere o iniziare un vero e proprio catecumenato per adulti.

Il contributo dei cristiani laici è imprescindibile. Per venire incontro a tale compito è però assolutamente indispensabile  potenziare  il  protagonismo  dei  laici, senza tuttavia relegare il loro impegno esclusivamente in compiti intra ecclesiali, per favorire la loro presenza di evangelizzazione nelle diverse realtà del mondo, con una preparazione teologica/pastorale adeguata, che i sacerdoti devono farsi premura di offrire.

I laici, mentre annunciano il Vangelo, possono venire incontro con immediatezza alle reali necessità delle persone, mettersi in ascolto delle ricchezze e delle tensioni del mondo del lavoro, della scuola, della salute, dei problemi di accoglienza dei più deboli, degli anziani, dei profughi, delle difficoltà dei genitori nell’educare i loro figli, ecc.

È un impegno che non si realizza con un colpo di bacchetta magica, ma che va preparato con un’opera di sapiente formazione teologica/pastorale e va potenziato, anche per non disperdere quel capitale di bene, ricevuto da una sana tradizione, maturata lungo i secoli, i cui frutti sono rintracciabili ancor oggi. Nello stesso tempo, preghiamo il Padrone della messe perché mandi operai nella sua messe. Accogliamo i suggerimenti di Papa Francesco: “Se partiamo dalla convinzione che lo Spirito continua a  suscitare vocazioni  al sacerdozio e alla  vita religiosa, possiamo di nuovo ‘gettare le reti’ nel nome del Signore in piena fiducia. Possiamo – e dobbiamo – avere il  coraggio di dire ad  ogni giovane di  interrogarsi sulla possibilità di seguire questa strada” (Christus vivit, 274). 

 

4. Ricostruire il santuario di Gallivaggio

 

Tutti conoscete come il santuario mariano di Gallivaggio (in Valchiavenna) sia miracolosamente scampato dalla distruzione totale a causa di una frana, il 29 maggio 2018. Essa ha causato, sì, danni ingenti, ma non ha demolito radicalmente l’edificio, come si poteva umanamente prevedere, vistala quantità enormedi materiale,che invece è stato provvidenzialmente deviato. Sono drammatiche le immagini diffuse su YouTube che registrano il momento della discesa della frana.

Mentre ringraziamo di tutto cuore Maria, che ancora una volta ha protetto la sua e nostra casa, dentro la quale manifesta con tenerezza materna la misericordia di Dio, è nostro impegno collaborare per il restauro di questo storico edificio e di quelli adiacenti. È stata costituita una commissione  di  studio  e  di  coordinamento  dei  lavori con sede a Chiavenna, mentre è in fase di preparazione un progetto per ricostruire, in diverse tappe, le parti ammalorate  del  santuario.  È  previsto  un  impegno  di sei milioni di euro, in parte assicurati da un contributo straordinario della Regione Lombardia.

Sono già state diffuse sul sito diocesano le modalità per raccogliere ulteriori offerte. Invito a un gara di generosità che esprima la partecipazione delle parrocchie, dei singoli e di altri enti, per collaborare insieme alla ricostruzione di questo Santuario, tanto amato, nel quale il messaggio della Misericordia risplende nella sua attualità.

 

Cari fratelli e sorelle:

affrontiamo  senza  riserve  e  di  buon  animo  l’anno pastorale che ci sta davanti, affidandoci al Signore risorto, che guida la sua Chiesa e continua a compiere le sue meraviglie, ma anche riponiamo tanta fiducia in tutti i membri del popolo di Dio. Chiediamo allo Spirito Santo di trovare il coraggio per liberare insieme la brace che  soggiace sotto la cenere, in modo da far rinvigorire la fiamma viva e ardente dell’amore e della gioia di Dio.

 

C’è gente tra noi piena di generosità, capaci di iniziativa e amorevolezza, come il buon Samaritano? Ci sono credenti dalla fede semplice come il centurione romano? Ci sono giovani entusiasti come Giovanni Battista? C’è chi sa osare l’inedito come Paolo a servizio della evangelizzazione? Possiamo contare su famiglie che, grazie a una vita di preghiera e d’amore, divengono sempre più “laboratori di umanizzazione”? Ci sono donne tra noi innamorate del Signore e della sua Chiesa come Maria di Magdala? Ci sono anziani che, come Simeone e Anna, riempiono di consolazione l’ambiente in cui vivono?

Posso affermare con tutta certezza di sì. Incontro tanti cristiani  pieni  di  fervore,  disposti  a  divenire  presenze di misericordia per grazia e per scelta, nelle diverse parrocchie che visito. Sono persone capaci di mitezza e di misericordia, puri di cuore e costruttori di pace, dotate anche di spirito profetico, umili e ricche di “sapienza del cuore”. Con questi nostri fratelli e sorelle, disposti a ravvivare la fiamma sotto la cenere delle nostre paure e delle nostre esitazioni, osiamo sognare una Chiesa più evangelica, serva dell’umanità, amica dei poveri, capace di mettersi a disposizione di questo nostro mondo e di portare in esso il fuoco santo dell’amore di Dio.

Vorrei augurarmi che anche voi, che mi leggete, siate tra queste persone: testimoni e annunciatori della misericordia di Dio.

 

 

Chiedo alla Santissima Trinità Misericordia la benedizione per tutti voi, per le vostre famiglie e per l’intera Comunità diocesana, supplice la Madre di Dio e Madre nostra.